Questa partnership artistica è frutto di un preciso orientamento:
la sensibilità all’arte, al bello, che anima la squadra CATE ricade sui prodotti dell’azienda, che coniugano la qualità con l’ergonomia, l’efficienza con l’estetica.
CATE promuove giovani artisti di talento, ospitandoli periodicamente sul proprio sito ed esponendone le opere in azienda.
Andrea Sabattini
Andrea Sabattini nato a Fabbrico (RE) il 12 Marzo 1966 vive e lavora tra Correggio (RE) e Verona. Negli anni ’80 dopo aver completato gli studi Artistici e di Architettura, comincia ad alternare il tempo tra lavoro e pittura fino a dedicarsi completamente a quest’ultima alla fine degli anni ’90, sperimentando materiali e tecniche che lo condurranno a perfezionare il suo tratto artistico tanto apprezzato dal grande pubblico nelle sue mostre in Italia ma anche nelle grandi città estere come Lienz, Edimburgo e New York.
Critica:
I quadri di Sabattini, giovane “biografo” del nostro tempo si presentano da soli. Specialista lui nel “fotografare col pennello” tempi ed evidenze del sociale contemporaneo, le sue opere dal canto loro parlano (ma “ascoltano” pure, per rigenerarsi su nuove immagini di documentazione) di temi che sono gli stessi della gente in corsa sulla “pista” della quotidianità. I rumori del colore: vi pare forse azzardato come titolo? Secondo un puro aspetto uditivo può essere che abbiate ragione: ma se riuscirete ad allacciare la spina della fantasia, miscelandovi “cuore giovane” ed entusiasmi non ossidanti, parecchi sussurri, stridii e pure “chiamate” in arrivo dai cromatismi stesi sulla tela allora si, li percepirete per davvero. Basterà solo un po’ di impegno e la voglia di essere partecipi. I barattoli ed i “contenitori” di Sabattini (chissà’ cosa ci ha preteso dentro la sua ispirazione?) tintillano tra di loro nelle meccaniche strutture che li compongono. I suoi computers gracchiano iracondi, portavoce dei crolli di borsa o di notizie “bomba” con l’insistenza di ranocchie in calore. Le donne poi urlano con gli occhi il proprio disappunto per l’incomprensione della metà maschilista del mondo. Non mancano gli automi dipinti come fossero uomini che dismettono la rigida comunicazione vocale propria delle macchine, emettendo parole vere, come fossero poeti che elogiano la castellana con canti provenzali. Di suo, colore nei costumi, il Maestro ne ha immesso a volontà, filtrato però dalla sua ironia ritmica. E le cicche di sigarette? Persino quelle, nel cumulo dell’ovattata inutilità che detengono, emettono rumori: questa volta di pentimento, scontando la colpa della “minaccia mortale” che incutono ai nostri polmoni. Cos’altro occorre per capire la “pittura-coscienza” di Andrea Sabattini e farne parte? Mostra “I rumori del colore” Verona – Museo del Castelvecchio – Dalla metà degli anni ’80 Andrea Sabattini oltre alla grafica si dedica anche alla pittura mantenendo sempre quel suo stile “graffitaro-fumettistico” che lo fa apprezzare dal grande pubblico nelle sue mostre in Italia, ma anche nelle grandi città estere come Lienz, Edimburgo e New York, dove negli anni ’70 è sorto il movimento dei giovani “graffitisti” della Street Art. Come i graffitisti newyorchesi e quelli italiani noti: Bros, Frode, Ivan e Blù, anche il Sabba si è esibito notte tempo, con le bombolette spray, sui muri e sotto i ponti della ferrovia Milano-Bologna, riproducendo all’infinito ed in tutte le posizioni il suo “omino”, sempre con gli occhi spalancati sulla gente e sul mondo, alla maniera di Keith Haring. Senz’altro le strade ed i muri sono il supporto espressivo più efficace in tutta la storia dell’umanità, visibile da chiunque gli passasse davanti, il “Sabba” ne è ben consapevole ma ben presto decide di riprodurre i suoi “tags” e grafiti su tela, sostituendo alle bombolette spray i colori ad olio, acrilici e inchiostri, firmando le tele col proprio nome anagrafico. Nella pittura di Sabattini sinota un tocco di cultura Pop americana soprattutto nel suo personaggio di finzione tutt’occhi, che rappresenta la gente e la “massa” con tutta la loro curiosità, che sempre ti scruta in tutte le tue azioni. Il suo personaggio stilizzato assume una propria evidenza, un proprio momento espressivo, sostenuto dalla vibrante accensione cromatica, che è istante emozionale ed allusivo, ovvero il segno della comunicazione pittorica dell’artista, con le sue visioni oniriche e fantastiche desunte dalla realtà oggettiva. Anche le sue opere provengono da divagazioni di un nostalgico vagabondare nella memoria, tuttavia costituiscono un mondo suggestivo ed imprevedibile, per gli effetti cromatici e per il senso vivissimo dei suoi racconti di quotidiana realtà. – Fabio Tedeschi –
Mostre personali recenti: Settembre 2007 – Sala proloco Sillian – Lienz (austria) Kaos Maggio 2007 – Castelfranco Emilia Un breve momento di tranquillità Febbraio 2008 – Fivizzano (MS) Cicche Ottobre 2008 – Modena – sala espositiva “il paradisino” Osservo e non mi muovo Dicembre 2008 – Verona – museo del Castelvecchio Il rumore dei colori Febbraio 2009 – Brescia – mostra personale Ancora una poi smetto Maggio 2009 – polveriera – Lazise (VR) Segni disegni ed altro Settembre 2009 – Orvieto (TR) Kaos II Marzo 2010 – Piombino (LI) Preferisco i colori primari Aprile 2010 – Correggio (RE) Momento di pausa sospeso tra i colori Mostre collettive recenti: Ottobre 2007 – Chiavari (GE) Chiavari eventi d’estate Aprile 2008 – Edimburgo The Torrance Gallery Gennaio 2009 – New York Nuove tendenze dell’arte Italiana Centro culturale three colours Dicembre 2009 – Reggio Emilia Fiera Nazionale d’arte Immagina.
Fabio Valentini
Fabio Valentini nato a Correggio (RE) il 29-4-1980, vive e lavora tra Reggio Emilia e Bologna, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. È la passione, esperienza fondante dell’esistenza, la vera protagonista del suo lavoro poetico: un sentimento inteso non soltanto in senso strettamente erotico ma anche nelle sue componenti più intime e raccolte. Contro la mercificazione del corpo visto come feticcio s’innalzano prepotentemente queste rappresentazioni sanguigne dal sapore evocativo, una sorta di sovversione dei canoni estetici della sensualità imposti dalla società del consumismo, un ritorno ai sensi originari, ad una primordialità estrema, ad una dimensione carnale e cruda.
Critica:
Il corpo genuflesso Corpo, corpo e ancora corpo. Un corpo martoriato dalle stigmate della passione. Si riverbera attraverso molteplici espressività volte a veicolare un vissuto personale che si estrinseca grazie ad una dimensione pittorica imprevedibilmente accesa. Le carni femminili marchiate dal rosso vigoroso, si aprono nel mostrare una corporeità anche interiore, fonte inesausta di tormenti introspettivi. Il trancio di corpo deformato appare improvviso dalla neutralità del del fondo che ne amplifica la portata significativa e cerca un’alleanza sensoriale estrinseca. La pittura di fabio Valentini trapassa la nozione ristretta di forma superandola in nome di un gesto espressionista che si allarga a nuovi campi di conoscenza anatomica e contamina il derma attraverso quelle alte razioni metamorfiche tipiche di quel vissuto ambiguo proprio del mondo contemporaneo. È la passione, esperienza fondante dell’esistenza la vera protagonista del suo lavoro poetico: un sentimento inteso non soltanto in senso strettamente erotico ma anche nelle sue componenti più intime e raccolte. Parafrasando quello che sostiene Teresa Macrì secondo al quale “il corpo contemporaneo è ormai la mappa su cui convergono diverse sinestesie e sensibilità pulsionali”. L’indagine dermica risulta lo strumento comunicativo più appropriato per rilevare mappature esistenziali ed esistenti proprie della passione sublimata ed intercettata dalla dimensione pittorica aggressiva. Contro la mercificazione del corpo visto come feticcio s’innalzano prepotentemente queste rappresentazioni sanguigne dal sapore evocativo e conturbante, una sorta di sovversione ai canoni estetici della sensualità imposti dalla società del consumismo sfrenato e asessuato, un ritorno ai sensi originari, ad una primordialità estrema, ad una dimensione carnale e cruda, dal risultato allucinato ed estremamente terribile. Francesca Baboni, Stefano Taddei
Mostre principali:
2004, “Skin-Pelle” galleria Studio de Bonis a Reggio Emilia. A cura di Francesca Baboni e Stefano Taddei
2005, “Passion” Castello del Verscovo ad Arceto (RE). A cura di Francesca Baboni e Stefano Taddei.
2005, “Talent Lab” galleria Spazio Fisico a Modena. A cura di Francesca Baboni e Chiara Messori.
2005, “Festival Filosofia sui sensi” a Carpi. A cura di Francesca Baboni e Stefano Taddei.
Marco Spaggiari
Marco Spaggiari nato a Correggio (RE) il 26 Aprile 1974 dove vive e lavora. Studio all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, e frequenta l’ultimo anno del corso di pittura tenuto dal professor Massimo Pulini.
Critica:
Esprimere con il linguaggio alfabetico quello che l’Arte vorrebbe comunicare tramite segno, composizione, soggetto e colore, appare ai miei occhi fuori luogo: come obbligare uno scrittore a declamare le proprie composizioni in pubblico o all’illustrarle artisticamente. Credo fermamente nella capacità non forzata del fruitore di opere d’arte di sviluppare idee in base alla propria cultura visiva, alle proprie emozioni. Altresì il cercare di introdurre una materia complessa come la Pittura, (ed il rispetto che Le porto m’induce ad usare la lettera maiuscola, Pittura appunto), porta inevitabilmente al parlare di passioni, gusto personale, opinioni forti e poco condivisibili. Il rischio è quello di servirsi di frasi stucchevoli o poco appropriate. Già “combatto” le mie di banalità, la poca incisività delle mie di idee: una “lotta” quotidiana e cruenta che porta a tentare, rivisitare, distruggere parte della propria opera in uno stato di perenne insoddisfazione. In questa sede vorrei delegare la scomoda incombenza a queste poche righe tratte da un libro, che potrebbe essere definito “di settore” ma che se di settore dovesse trattarsi, lo definirei “settore umano”. “Ammiro – e non ho mai ammirato (stavo per dire invidiato) tanto, come nel frangente di questa mia conferenza – gli studiosi d’arte, gli eruditi accreditati, i critici “attitrés”, che sanno assoggettare l’opera intera di un artista ad una netta definizione, che possiedono strumenti estetici di precisione, come termini adatti, linguaggio adeguato modi sicuri di significato, documenti inattaccabili; che sanno con abile ed efficace giuoco, piegare, indirizzare, incanalare induzioni, informazioni, paragoni, contrasti: per arrivare infallibilmente alla voluta prestabilita conclusione, adeguata ad un dato orientamento artistico; che infine davanti all’opera d’arte – quadro statua architettura di qualsiasi autore, di qualsiasi autore, di qualsiasi paese – hanno pronto sicuro convincente giudizio. Io non so far nulla di tutto ciò: io, pittore, guardo, mettiamo, un quadro, un quadro che mi piace (e come suona stonato questo verbo che è già un indizio) vorrei poter arrestare il corso del pensiero ed aprire, aprire al massimo gli occhi e diventare padrone del quadro non comprenderlo ma prenderlo, dominarlo e non con un contratto razionale, ma con un istintivo atto di violenza (…) credo che ogni ragionamento critico rimanga sterile ed ozioso se non sia riscaldato da un soffio di poesia (…)”.Felice Casorati, Scritti interviste lettere, Abscondita SRL, Milano 2004, p. 66.
Mostre Principali:
“Donne Disegni”, settembre 2004, Galleria Metamorfosi (RE);
“Il Senza Titolo”, Marzo 2005, Cavriago (RE);
“Fuori i Talenti – giovani artisti nelle gallerie della città”, Luglio 2005, patrocinata dal Comune di Reggio Emilia, dall’Assessorato Cultura e dai Musei Civici;
“Treperdue”, Settembre 2005, Torre Civica, San Polo d’Enza (RE);
“Paranoica”, Dicembre 2005, Palazzo dei Principi, Correggio (RE); “All’incrocio”, Giugno 2006, Torre Civica “Campanon”, Guastalla (RE).